0 0
Read Time:6 Minute, 28 Second

“Partiamo dall’idea che potremmo essere in grado di trovare microrganismi sotto i chilometri di ghiaccio che ricoprono gli oceani liquidi dei satelliti di Giove e Saturno.” Stiamo parlando di forme di vita molto primitive, come batteri e microbi. lo spazio è un luogo eccitante per studiare le molecole, perché le condizioni lì sono molto diverse da quelle terrestri”gli aminoacidi, che sono i mattoni fondamentali della vita. “Speriamo di trovarli sulle lune ghiacciate dei pianeti giganti, perché la loro presenza significherebbe che c’è o c’era vita lì” in particolare a Europa, la luna di Giove, ea Encelado, la luna di Saturno. Le missioni Cassini-Huygens e Galileo hanno permesso di rilevare oceani globali, coperti da uno strato di ghiaccio spesso diversi chilometri. I mattoni della vita si sono formati molto prima delle stelle, nelle nubi interstellari fatte di gas e polveri. i ricercatori hanno studiato la formazione del più semplice tra i 20 amminoacidi, la glicina. Hanno, così, dimostrato che la molecola può essere sintetizzata nelle complesse condizioni che governano la chimica dello spazio. I modelli ei test sviluppati dagli autori indicano che la glicina si può formare sulla superficie di granelli di polvere ghiacciata e senza dispendio energetico, contraddicendo le attuali teorie che indicano la necessità di radiazione Uv come fonte energetica per sintetizzare l’amminoacido. la presenza di questo mattone della vita nella cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, studiata dalla missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), e nel materiale raccolto sulla cometa Wild 2 dalla missione della Nasa Stardust, “indica che la glicina si forma già all’interno delle dense nubi interstellari, ben prima che si trasformino in nuove stelle e nuovi pianeti”. Le comete, precisano gli esperti, sono infatti fossili cosmici, formati dal materiale più primitivo del Sistema Solare, che riflette la composizione chimica risalente ai tempi in cui il Sole ei suoi pianeti erano ancora in formazione. “Una volta formata – la glicina può diventare il precursore di altre molecole organiche, più complesse. Come altri amminoacidi che, inclusi all’interno di corpi celesti come le comete, possono poi essere trasferiti su giovani pianeti in formazione”, come probabilmente è accaduto alla Terra. ben prima che si trasformino in nuove stelle e nuovi pianeti”. Le comete, precisano gli esperti, sono infatti fossili cosmici, formati dal materiale più primitivo del Sistema Solare, che riflette la composizione chimica risalente ai tempi in cui il Sole ei suoi pianeti erano ancora in formazione. “Una volta formata – la glicina può diventare il precursore di altre molecole organiche, più complesse. Come altri amminoacidi che, inclusi all’interno di corpi celesti come le comete, possono poi essere trasferiti su giovani pianeti in formazione”, come probabilmente è accaduto alla Terra. ben prima che si trasformino in nuove stelle e nuovi pianeti”. Le comete, precisano gli esperti, sono infatti fossili cosmici, formati dal materiale più primitivo del Sistema Solare, che riflette la composizione chimica risalente ai tempi in cui il Sole ei suoi pianeti erano ancora in formazione. “Una volta formata – la glicina può diventare il precursore di altre molecole organiche, più complesse. Come altri amminoacidi che, inclusi all’interno di corpi celesti come le comete, possono poi essere trasferiti su giovani pianeti in formazione”, come probabilmente è accaduto alla Terra. che riflette la composizione chimica risalente ai tempi in cui il Sole ei suoi pianeti erano ancora in formazione. “Una volta formata – la glicina può diventare il precursore di altre molecole organiche, più complesse. Come altri amminoacidi che, inclusi all’interno di corpi celesti come le comete, possono poi essere trasferiti su giovani pianeti in formazione”, come probabilmente è accaduto alla Terra. che riflette la composizione chimica risalente ai tempi in cui il Sole ei suoi pianeti erano ancora in formazione. “Una volta formata – la glicina può diventare il precursore di altre molecole organiche, più complesse. Come altri amminoacidi che, inclusi all’interno di corpi celesti come le comete, possono poi essere trasferiti su giovani pianeti in formazione”, come probabilmente è accaduto alla Terra. A differenza di Marte, la Terra è un pianeta sul quale la vita è prosperata grazie ad un periodo lunghissimo (circa 2,5 miliardi di anni) durante il quale vi è stata abbondante luce solare, abbondanti masse d’acqua superficiali, condizioni climatiche tendenzialmente moderate e un’ottima protezione dai raggi UV grazie al campo magnetico terrestre. Queste caratteristiche su Marte non sono mai esistite per lunghi periodi . Il clima, per esempio, è stato molto freddo e secco per la maggior parte del tempo mentre l’acqua, anche se fosse presente tuttora in forma liquida sulla superficie o lo fosse stata in passato, sarebbe stata disponibile in quantità tali da rendere possibile la vita solo per periodi abbastanza brevi geologicamente parlando. Su Marte, infatti, ci sono prove dell’esistenza di ambienti idrotermali, considerati come essenziale per lo sviluppo della vita sulla Terra. Si dovrebbero ignorare gli ambienti superficiali e ci si dovrebbe concentrare maggiormente sull’esplorazione di questi depositi idrotermali che di solito sono nascosti alla superficie. Cosa più importante è anche una probabile revisione dell’età dell’universo

L’Universo potrebbe essere due volte più vecchio di quanto pensiamo

l’Universo avrebbe circa il doppio dell’età stimata finora26,7 miliardi di anni anziché 13,7.

Gli oggetti celesti luminosi e distanti appaiono un po’ più rossi rispetto a quanto dovrebbero essere in base ai calcoli degli esperti. La spiegazione che ci si è dati è che l’Universo sia in espansione e che pertanto le onde luminose emesse da quegli oggetti vengano allungate. Più rossa appare quella luce, più è vecchia, perché significa che origina da punti più distanti e che ha viaggiato più a lungo prima di essere rilevata dai nostri strumenti di misurazione. Su queste basi teoriche, finora, siamo risaliti a ritroso al momento dell’origine dell’Universo, stimandola a circa 13,7 miliardi di anni fa.Tuttavia, questa non è stata l’unica proposta di spiegazione per lo spostamento nel rosso delle radiazioni luminose. Nel 1929, l’astronomo svizzero Fritz Zwicky suggerì che su simili vaste distanze la luce semplicemente perdesse energia (di conseguenza le frequenze diminuissero e le lunghezze d’onda aumentassero) – si stancasse, insomma. La teoria della luce stanca, però, si tirava dietro altri problemi, tanti da non raccogliere il consenso della comunità scientifica. E venne quindi accantonata.

La recente nuova teoria proposta da Gupta recupera l’ipotesi della luce stanca sposandola con quella dell’espansione dell’Universo. In fondo – sostiene il fisico – non si escludono a vicenda, e anzi la loro unione potrebbe spiegare fenomeni che non si riescono a far rientrare nel modello cosmologico attuale.

Uno dei grattacapi degli astrofisici, per esempio, è capire perché le galassie dell’universo primordiale (quelle che finalmente si riescono a vedere bene grazie alle osservazioni del James Webb Space Telescope) siano più piccole del previsto. Riesumare l’ipotesi della luce stanca potrebbe fornire una spiegazione: se la luce perde energia, diminuisce anche la quantità di moto dell’onda luminosa, influenzando l’aspetto di oggetti molto distanti.

Gupta, in sintesi, non butta via niente, ma applica delle modifiche al modello dell’Universo in espansione. Sostiene, per esempio, che le costanti di accoppiamento (cioè quelle costanti che descrivono le interazioni delle forze tra particelle) non siano davvero costanti, ma si modifichino nel tempo cambiando con l’energia. Questa modifica influenzerebbe il comportamento della luce, quindi i calcoli sull’età dell’Universo sarebbero sbagliati: non 13,7 miliardi di anni, ma 26,7.

Se l’Universo ha il doppio dell’età finora creduta, inoltre, si potrebbe spiegare anche un’altra stranezza delle galassie primordiali: il fatto che abbiano masse che ci si aspetterebbe da galassie molto più vecchie sarebbe dovuto al fatto che sono effettivamente più antiche di quanto stimato oggi sulla base del modello cosmologico attuale.

/ 5
Grazie per aver votato!
Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %