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Davide Bartoccini

Giornalista pubblicista, redattore presso Il Giornale e InsideOver, focalizzato sulla geopolitica, appassionato di storia militare e spionaggio.

Il termine Ufo, acronimo di Unidentified Flying Object, è entrato nel nostro vocabolario nel 1952, quando la Forza aerea degli Stati Uniti decise di classificare in questo modo tutti quegli oggetti volanti che non potevano essere “identificati” né dal pilota che li avvistava, né dai radar che li tracciavano, o tentavano di tracciarli, e nemmeno dalle verifiche che in seguito sarebbero state effettuate incrociando questi dati.

Da quasi settant’anni un folta schiera di appassionati, studiosi, ufologi, e millantatori di teorie del complotto, adoperano queste tre lettere per cercare di giustificare fenomeni apparentemente inspiegabili, avanzando congetture su basi segrete come la famigerata Area 51, su avvistamenti di massa come quello della Westall School in Australia, incidenti come quello di Roswell in New Mexico e incontri ravvicinati “top-secret” dei quali saremmo volutamente tenuti all’oscuro da governi e i vertici militari.

La recente declassificazione dal segreto militare di una serie di video registrati dalle telecamere di caccia americani (e ampiamente divulgati dalla stampa internazionale), hanno riacceso i riflettori su un fenomeno controverso, che coinvolge misticismo, scienza e pseudoscienza. E che e fin dal primo avvistamento – formalmente registrato del 1947 (Kennet A. Arnold nei cieli di Mont Reiner) – divide il mondo tra chi vuole credere e chi non vuole credere che l’uomo sia l’unica forma di vita intelligente che abita l’Universo conosciuto.

Non v’è dubbio che le informazioni divulgate dal Pentagono – accumulate e analizzate tra il 2004 e il 2015 – dimostrino come i piloti coinvolti non abbiano avuto realmente contezza della natura degli oggetti che sono entrati nelle telecamere elettrottiche dei loro caccia e che in alcuni casi ancora più singolari sono stati addirittura agganciati dai sistemi d’arma. Basta ascoltare le esclamazioni sgomente e colorite che si scambiano via radio.

Ma questo non è sufficiente per “dimostrare” l’esistenza di un forme di vita aliene che viaggiano su velivoli supportati da tecnologie avanzatissime. Per questo quelli che sono stati ribattezzati Unidentified Aerial Phenomena potrebbero essere semplicemente degli “oggetti volanti” dei quali ancora nessuno conosce la provenienza: una provenienza che non è per forza di cose “extraterrestre”.

In molti casi si trattava di velivoli sperimentali, droni, nuove tipologie di shuttle, che probabilmente non erano americani. “Gli aeromobili non autorizzati e non identificati rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale”, ha sempre sostenuto Susan Gough, portavoce del Pentagono; proseguendo sulla che linea di ferro che “qualsiasi intrusione che possa compromettere la sicurezza delle nostre operazioni, tattiche o procedure desta grande preoccupazione”. Sarebbe questo infatti il motivo alla base della creazione e del sostentamento di un ormai noto e apposito programma della Nasa. Un programma del quale è stato per lungo tempo al corrente solo una ristrettissima cerchia di funzionari della Difesa e dell’agenzia spaziale americana, nato per indagare sugli oggetti volanti non identificati, e nel caso si fosse riscontrato un collegamento, sull’esistenza di forme di vita aliene.

Gli incontri ravvicinati

Le testimonianze dei piloti militari coinvolti negli avvistamenti resi noti dal Pentagono – si rammenti che i primi “contatti” con gli Ufo vengono già registrati durante la seconda guerra mondiale dai piloti alleati che danno a questi strani fenomeni il nome di “foo fighters” – provengono da uomini che rappresentano la “punta di diamante” delle forze aeree americane. Veterani con migliaia di ore di volo nella loro carriera, imbarcati sulle portaerei nucleari, ai quali vengono affidati cacciabombardieri come gli F/A-18 Hornet e Super Hornet e i quali sono stati mandati in operazioni di guerra in Medio Oriente anche dopo aver testimoniato sui loro avvistamenti. Personale formato e altamente raccomandabile dunque. Tutti riferiscono di avere avvistato, seguito, e in rari casi approcciato/agganciato strani oggetti volanti che compivano manovre insostenibili per il corpo di un essere umano a causa della velocità e della forza centrifuga a cui li avrebbero sottoposti.

Nel settembre 2019 il Pentagono confermò che i filmati erano autentici come le testimonianze oculari, dunque non alterati. La Difesa americana affermò: “Basandoci sulla documentazione di cui siamo in possesso, questa è la prima volta nella storia recente che abbiamo pubblicato ufficialmente un video Uap”, e aggiunse che non tutte le informazioni che sono state accumulate durante il lavoro svolto dal Pentagono in merito ai programmi avanzati possono essere “rivelate”. Il Dipartimento della Difesa ha specificato tuttavia che la decisione di mostrare al mondo intero questi video nasce dalla volontà di “fugare eventuali dubbi da parte del pubblico sul fatto che i filmati che circolavano non fossero autentici o che contenessero altro”. Rivelare il vero dunque, per non fomentare ulteriori leggende o teorie di complotti e insabbiamenti.

Rimane dunque la profonda curiosità sulla natura di questi “Fenomeni aerei non identificati”. Di cosa si tratta veramente?

Nei filmati registrati dalla telecamere ad infrarossi, i piloti della Us Navy esultano nel riuscire ad agganciare il presunto Ufo. Li si sente esclamare chiaramente: “Oh mio Dio… Guarda come vola!”. La telecamera a infrarossi, come riportato da numerosi osservatori, non mostra calore associabile a un qualsiasi tipo di motore a combustione o propulsione. E l’impossibilità del pilota di avvicinarsi all’oggetto volante non identificato suggerisce che la velocità del suo caccia (Mach 1,8, ndr) non sarebbe stata sufficiente a compiere una manovra di avvicinamento efficace.

In un secondo video, registrato nei cieli della costa orientale degli Stati Uniti nel 2015, il pilota scandisce nella radio: “È una flotta intera. Stanno volando tutti contro il vento che arriva a 120 nodi da nordovest”.

Ma è la testimonianza meno recente quella che continua a suscitare più scalpore. Ossia quella legata al cosiddetto “episodio della Nimitz”: la portaerei della flotta statunitense dalla quale nel novembre del 2004 decollò il comandante David Fravor, imbattutosi nei cieli della California in un oggetto volante non identificato che comparve per giorni sugli schermi di un’altra nave da guerra americana, la Uss Princeton, e che secondo le testimonianze era in grado di variare quota in pochi secondi – da 60.000 a 20.000 piedi – dimostrando il supporto di una tecnologia superiore alla più moderna tecnologia militare. Si trattava infatti, secondo l’ufficiale di Marina, di un oggetto volante che “librava a una quindicina di metri sull’acqua”, “biancastro, di forma ovale”, che non appena notò la manovra di avvicinamento del caccia americano, riprese altitudine e “schizzò via a una velocità impossibile”, entrando appena un minuto dopo nel radar del cacciatorpediniere Uss Princeton. Fin qui nulla di straordinario, se non fosse che la Princeton si trovava a poco meno di cento chilometri dalla posizione dell’avvistamento. L’Ufo, o Uap, aveva coperto una distanza 60 miglia in 60 secondi.

Una tecnologia aliena dunque? Oppure il frutto di un programma militare classificato top secret dallo stesso governo che sta finanziando la ricerca, o da qualche avventore del settore privato decisamente terrestre? Per parte sua la Nasa si attesta sulla linea del no comment. I filmati pubblicati dalla Difesa sono “davvero molto interessanti” ha ammesso il direttore dell’International Space Station (Iss) della Nasa Sam Scimeni, che ha preferito non rilasciare ulteriori “commenti” sull’argomento. Quale detrattore della mitologia ufologica che nell’ultimo mezzo secolo ha visto l’inflazione di teorie senza alcun fondamento che riconducono tutto a trame fantasiose che fanno ancora affidamento su eventi mai provati come la presenza dei corpi umanoidi traslati all’interno dell’Area 51, incontri ravvicinati del “terzo tipo” che avrebbe tentato di documentare l’ingegnere Raymond Szymanski, il direttore si mostra notevolmente scettico a riguardo. Anche in quel caso l’esperto di trivellazione reclamerebbe l’avvistamento di un essere umanoide riconducibile alla stessa specie “nascosta” presso i laboratori segreti situati nel Nevada Test Site-51 della base aerea di Nellis.

Gli esperti confermano e smentiscono

Le “evoluzioni in aria” compiute dagli oggetti volanti in questione “fanno impressione”, secondo gli esperiti di Aeronautica e  Fisica che in assenza di alcuni dati specifici, però, non posso applicare leggi conosciute per arrivare a conclusioni da divulgare pubblicamente. Alcuni informazioni infatti vengono gelosamente custodite dal Pentagono – o da altri dipartimenti della Difesa che hanno ottenuto filmati analoghi (il Regno Unito ne possiede alcuni, ndr) – restando coperti dal segreto militare. Il capo del succitato Advanced Aerospace Threat Identification Program, Luis Elizondo, finanziato dal Pentagono per ben 22 milioni di dollari spesi con l’obiettivo indagare sulla provenienza degli oggetti volanti che hanno violato lo spazio aereo degli Stati Uniti, rappresentando un rischio per la sicurezza nazionale, poiché potevano anche essere inviati dai russi o dai cinesi – come si temeva in tempo di Guerra Fredda e di meccanismo dilagante – ha riferito:

“Sapere che lì in cielo ci sono oggetti dei quali non sappiamo nulla, non vuol dire correre per strada urlando che sta iniziando un’invasione aliena. Qui non stiamo parlando di marziani, ma di oggetti che non sono controllati da noi”.

Il programma guidato da Elizondo è stato congelato dopo cinque anni, nonostante il suo vertice sostenga di aver fornito “prove schiacciati sui fenomeni aerei non identificati”. Prove che però non sono state prese seriamente, e motivo che lo avrebbe  spinto ad abbandonare il suo ruolo presso la Difesa. Il futuro del programma è tutt’ora motivo d’interesse, date le indiscrezioni sulla sua continuazione.

Ciò che spesso “invalida” le più disparate teorie sugli Ufo, è la propensione di molti ufologi al voler speculare su quel poco che c’è di dimostrabile per attirare attenzione su di se; e perché no accumulare denaro vendendo libri dai titoli spesso inquietanti e cospiratori quando presenziano alle innumerevoli convention dedicate al tema. Centinaia di migliaia di titoli e di bufale circolano sul web senza l’ausilio di alcun genere di fonte o fondamento. Tuttavia sul fronte civile dei programmi per la ricerca sugli ufo, nuove realtà ben strutturare che si avvalgono della consulenza di esperti accreditati stanno facendo mostra di se, ricevendo per il loro operato addirittura fondi governativi. È il caso di “To The Stars Academy“, la piattaforma che annovera tra i suoi fondatori Tom DeLonge, ex leader della band Blink-182, e personalità che hanno lavorato nelle agenzie governative americane come Steve Justice, esperto su libro paga del colosso dell’aeronautica americano Lockheed Martin; il dottor Hal Puthoff, scienziato della Stanford University, le cui consulenze sono state richieste per lungo tempo dalla National Security Agency (il servizio segreto per gli affari interni Usa, ndr); Chris Mellon, funzionario di rilievo nell’ufficio del Segretario alla Difesa sotto le presidenze Clinton e Bush; e Norm Kahn ex direttore del programma anti armi biologiche della Cia. La piattaforma ha recentemente ricevuto dal governo americano un finanziamento di 750.000 dollari per proseguire le ricerche su nuove tecnologie impiegabili nel campo dell’aeronautica sperimentale – ma forse anche per continuare ciò che Elizondo aveva iniziato al Pentagono.

L’esibizione di prove tangibili infatti potrebbe elevare programmi di ricerca che non vengono considerati “attendibili” – come il Programma Seti lanciato dall’astrofisico Frank Drake sulla base della sua convinzione dell’esistenza di altre forme di vita intelligente nell’universo – dalla pseudoscieza alla scienza. Contentando il criterio divisivo del filosofo Karl Popper, secondo il quale:

“La metodologia scientifica esiste se le teorie sono soggette ad una rigorosa verifica empirica e non esiste ogniqualvolta la pratica è volta a proteggere una teoria anziché a verificarla”.

L’ipotesi dell’equazione formulata da Drake per “stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia” sarebbe confermata, ad esempio, se il suo programma fosse stato in grado di dare un’origine più precisa al segnale “ripetitivo” che venne captato nel 1977 e che secondo gli studi condotti sembrava provenire dalla costellazione del Sagittario. Se il segnale ribattezzato “Wow” fosse stato confermato come una prova dell’esistenza di una civiltà aliena impegnata nel tentativo di “comunicare” con altre forme di vita nell’universo, il criterio di Popper verrebbe accontentato, e l’ufologia diverrebbe una braca scientifica, dando un valore “reale” all’equazione dell’astrofisico americano. Lo stesso varrebbe se Tom Delonge e soci fornissero dati inconvertibili riguardo la provenienza “aliena” di frammenti di oggetti volanti non identificati e appartenenti a tecnologie più avanzate.

Il paradosso sull’esistenza degli “alieni”

Attualmente nel mondo miliardi di persone sono convinte dell’esistenza degli Ufo. Secondo un sondaggio condotto da Gallup durante la preparazione di Storm Area 51 (il tentativo di invasione della base per scoprirne i segreti) il 33% degli americani ha detto di credere non soltanto nell’esistenza degli extraterrestri, ma anche nell’ipotesi che abbiano visitato la terra (percentuale analoghe sono riscontrabili anche in Europa). Come per esempio sono convinti tutti coloro che credono nell’avvenuto incontro tra il 34esimo presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower e forme di vita provenienti da un’altro pianeta. Nel 1954 Ikedisse ai giornalisti americani che:

“L’Aeronautica gli aveva assicurato che i dischi volanti non stavano invadendo la Terra dallo spazio”

Tuttavia ciò che per anni ha destato più scalpore è stata la testimonianza dei suoi discendenti che sostengono – senza l’ausilio di alcun tipo di prova diversa dalla testimonianza orale – che il presidente avrebbe raccontato loro di un incontro con gli ambasciatori di una civiltà aliena. Per questo, e per decine di altri avvenimenti poco chiari, il 68% dei cittadini americani sono convinto che il governo “nasconda qualcosa”.

In assenza dalla declassificazione di nuovi dossier da parte del Pentagono, o di altri dipartimenti della Difesa, che potrebbero rivelarci l’esistenza dei famigerati  X-flies, possiamo solo rifarci al paradosso del fisico italiano Erico Fermi, che riflettendo sull’enorme numero di stelle nell’Universo ha ventilato l’ipotesi che la vita dovrebbe – o potrebbe – essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e alcune forme di essa potrebbero essere molto più avanzate della nostra. “Eppure non siamo mai stati contattati”, conclude però Fermi, rimettendoci ancora una volta di fronte alla grande e sempre valida domanda: “Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?”.

Un giorno potremmo scoprirlo, ma non oggi. Per ora possiamo solo affermare che nei cieli del nostro pianeta, uomini formati nelle accademie più inaccessibili, sottoposti a rigidi addestramenti fisici e mentali, con decenni di esperienza alle spalle e nervi d’acciaio, hanno visto “qualcosa” che non sono stati in grado di spiegare. Qualcosa che è rimasto nei loro rapporti con la semplice, quanto affascinante, menzione di “Ufo”: oggetti volanti non identificati.

Davide Bartoccini per InsideOver

https://www.linkedin.com/pulse/casa-sappiamo-veramente-sugli-ufo-davide-bartoccini

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