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IPOTESI SUGLI UFO E GLI ALIENI

Le ipotesi sull’origine degli UFO e degli alieni sono state diverse.

La prima è che vengano da un universo parallelo. Ma per giungere nel nostro universo dovrebbero passare attraverso un wormhole, collegante due universi paralleli. L’esistenza di wormhole attraversabili è stata ipotizzata nel 1988 da K. Thorne e M. Morris. Ma questa ipotesi presenta tre problemi non superati: 1) qualunque oggetto materiale o essere vivente che passi all’interno di un wormhole sarebbe immediatamente annientato, perché sottoposto a una tensione enorme; 2) perché un wormhole sia attraversabile dovrebbe trovarsi in esso una materia speciale, esotica, con densità negativa di energia, che non esiste nell’universo; 3) poiché in corrispondenza delle estremità del wormhole l’attrazione gravitazionale sarebbe enorme, non si capisce con quale propulsione un oggetto materiale potrebbe allontanarsi dall’estremità del wormhole che dà sul nostro universo per giungere in esso.

La seconda è l’ipotesi cosiddetta parafisica, sostenuta in particolare da J. Vallée, J. A. Keel e J. Sider. Secondo quest’ipotesi, gli UFO e gli alieni non provengono da qualche pianeta del nostro universo, ma da un’entità intelligente proveniente da una dimensione parallela, che entra nella nostra dimensione e ne esce. Quest’entità, secondo in particolare Sider, manipola il cervello dell’osservatore umano, che vedrebbe una sorta di realtà virtuale. Ma se così fosse, dovrebbe manipolare contemporaneamente i cervelli di tutte le persone, anche centinaia, che avvistano contemporaneamente un UFO; e dovrebbe anche agire fisicamente su pellicole fotografiche, sensori a pixel e radar, essendo gli avvistamenti di UFO spesso registrati da fotocamere o radar. Sembra evidente che c’è qualcosa di fisico che agisce.

Ma se gli UFO e gli alieni non provengano da un universo parallelo, o da una dimensione parallela, si deve pensare che provengano da un altro sistema solare della nostra galassia o da un’altra galassia. Ma come fanno a giungere sulla terra?

Se utilizzassero un veicolo materiale, dovrebbero utilizzare una qualche forma di propulsione che spinga questo veicolo. Ma un viaggio interstellare o intergalattico effettuato con la spinta di un propellente avrebbe durate enormi, e inoltre il propellente a un certo punto si esaurirebbe. E il fatto che gli UFO che volano e accelerano non emettono né fumo né fiamme significa che non si muovono usando un propellente.

Una possibilità sarebbe la propulsione a fotoni. I fotoni provenienti dal sole o dalle stelle, se riflessi da uno specchio di materiale sottile (la cosiddetta vela solare) collegata a un’astronave, le danno una spinta e un’accelerazione. Ma per un viaggio interstellare le dimensioni dello specchio dovrebbero essere enormi, quelle di un pianeta. Philip Lubin ha proposto di sparare i fotoni verso la vela con un cannone laser posizionato su un’orbita terrestre. Ciò potrebbe far raggiungere a una navicella collegata alla vela un quinto della velocità della luce. Ma vi sono tre problemi irrisolti: 1) questa navicella non potrebbe atterrare su nessun pianeta extrasolare, perché dovrebbe essere decelerata da un cannone laser sito su quel pianeta; 2) non potrebbe tornare indietro sulla terra; 3) non potrebbe trasportare esseri umani, perché l’accelerazione raggiunta li ucciderebbe.

Una seconda possibilità sarebbe l’ipotesi magnetoidrodinamica. Essa prevede che un forte campo elettromagnetico intorno a un UFO possa generare un plasma, cioè un gas costituito da elettroni e da ioni, a partire dagli atomi e dalle molecole del fluido che circonda l’UFO, che può essere l’aria; e i movimenti degli ioni e degli elettroni all’interno del plasma possano dare la spinta all’UFO. Ma il problema di quest’ipotesi è che nello spazio vuoto non c’è un fluido come l’aria, non ci sono insiemi di atomi a partire dai quali si possa generare un plasma e una spinta.

Un’altra possibilità sarebbe quella di passare attraverso un wormhole collegante un punto dell’universo a un altro. Ma abbiamo visto che questa possibilità teorica pone dei problemi insormontabili per un qualunque veicolo materiale.

L’ipotesi che gli alieni possano giungere sulla Terra grazie ai loro corpi spirituali introduce una prospettiva intrigante sulle possibilità di viaggio interstellare. Secondo questa ipotesi, tali viaggi sarebbero compiuti attraverso un cambiamento nell’interfacciamento con la realtà fisica, anziché uno spostamento fisico attraverso lo spazio.

Abbiamo provato a sentire il parere di un Ingegnere Aerospaziale Andrea Lani provando per questa volta a togliere schemi, preconcetti , esclusioni di ogni tipo allargando la mente a ipotesi e teorie che non sono comprovate scientificamente ma che possono essere discusse, valutate in egual modo … ecco il suo racconto anche da “contattato”  liberarsi dai pregiudizi e dal provincialismo del nostro punto di osservazione (credo che non ci sia niente di più antropico del Principio Antropico che ogni tanto torna di moda facendo riemergere scorie tolemaiche aggiornate con la cosmologia del Big Bang e la meccanica quantistica).

Ipotesi sugli alieni, la vita che non ti aspetti

Dall’E.T. di Carlo Rambaldi a forme di vita che funzionano a energia nucleare. Se le leggi della fisica, della chimica e dell’evoluzione sono valide in tutto l’universo, come potrebbero essere gli extraterrestri? Un biologo prova a rispondere

PIERO BIANUCCI

FONTE : La Stampa Un esercizio utile

Si può immaginare un extraterrestre senza essere Rambaldi? Marco Ferrari ci ha provato da biologo e giornalista scientifico scrivendo “Come costruire un alieno” (Codice Edizioni, 240 pagine, 17 euro). Anche a prescindere dai risultati, non tutti da Oscar, fare ipotesi su altre forme di vita è un esercizio utile perché costringe a liberarsi dai pregiudizi e dal provincialismo del nostro punto di osservazione (credo che non ci sia niente di più antropico del Principio Antropico che ogni tanto torna di moda facendo riemergere scorie tolemaiche aggiornate con la cosmologia del Big Bang e la meccanica quantistica).

Una supposizione incoraggiante è che le leggi della fisica e della chimica siano le stesse in ogni parte di “questo” universo (molti dati lo confermano) e rimangano immutate nel corso delle ere cosmiche – argomento verosimile ma non altrettanto sicuro: certe “costanti” fisiche potrebbero essere… variabili. Alcune teorie fisiche introducono proprio la variabilità delle costanti.

C’è poi un altro dato di fatto interessante: constatiamo che la natura ripete i suoi esperimenti, procede per regole, non per eccezioni, e se l’”esperimento vita” è riuscito sulla Terra non si vede perché la stessa cosa non debba avvenire su altri pianeti sparsi a miliardi nell’universo: anche l’evoluzione darwiniana (cieca e casuale) che seleziona i più adatti a riprodursi è un paradigma a cui possiamo attribuire validità generale.

Specialità della casa

Scoraggiante è invece non sapere come la vita comparve sulla Terra. E’ un prodotto autoctono o di importazione? La seconda ipotesi, che va sotto il nome di panspermia, mi sembra meno probabile, ma nel nostro caso sarebbe una semplificazione. Fermo restando che il problema dell’origine, anche accettando la panspermia, rimarrebbe intatto e sarebbe solo spostato altrove, almeno potremmo contare su un antenato comune per la vita terrestre e quella aliena. Se al contrario “questa” vita fosse un prodotto strettamente locale, una “specialità della casa”, chissà quante variazioni sul tema si saranno espresse su pianeti radicalmente diversi dal nostro.

Formidabile varietà

Ciò premesso, una strada percorribile è suggerita dalla formidabile e meravigliosa biodiversità degli organismi terrestri: le specie esistenti attualmente sarebbero 30 milioni secondo stime fatte estrapolando il numero dai 2 milioni delle specie oggi classificate, alle quali bisogna aggiungere un numero imprecisabile di specie comparse ed estinte in 3,6 miliardi di anni di evoluzione. Ogni specie nasce da una biforcazione genetica, è un percorso evolutivo che può suggerirne altri più o meno alternativi.

Organismi a energia nucleare

Marco Ferrari si sforza di immaginare le possibilità più varie ma superare l’immaginazione della natura è difficile. Un esempio. Vivere richiede energia. Di solito l’energia è luce stellare: per la Terra quella della banda ottica e infrarossa. E’ questa radiazione elettromagnetica a far funzionare la fotosintesi, che sostenta le piante – autotrofe – e gli animali – eterotrofi. Ma è interessante osservare che la luce non è l’unico “carburante” della vita. Le specie non fotosintetiche scoperte presso le sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani sfruttano l’energia termica prodotta dal decadimento degli elementi radioattivi contenuti nella crosta e nel mantello del nostro pianeta. Torio, uranio e potassio 40 scaldano il magma che alimenta le sorgenti idrotermali. Dunque quegli organismi funzionano a energia nucleare. Potrebbe succedere su pianeti completamente bui, magari privi di una stella (se ne sono già scoperti).

Civiltà alla clorofilla

Limitiamoci a poche osservazioni puntando subito a forme di vita complesse, che quasi certamente, per poter compiere molte funzioni, dovranno essere pluricellulari. Sulla Terra il 97 per cento della biomassa è vegetale: è lecito pensare a pianeti dove le piante abbiano sviluppato la capacità di muoversi, comunicare, organizzarsi in civiltà “alla clorofilla”. Tutto sommato, a livello elementare, anche le piante che conosciamo si muovono inviando lontano i loro semi, comunicano con sostanze sia tossiche sia attraenti, formano comunità di specie diverse (boschi, foresta pluviali, tundra, steppa).

Sensi estesi

Passando agli organi di senso, la finestra dell’occhio umano è più estesa in uccelli, insetti e molluschi che vedono nell’ultravioletto e hanno “coni” che permettono di percepire diverse combinazioni cromatiche. Dall’altro lato dello spettro elettromagnetico abbiamo serpenti come i crotali che “vedono” l’infrarosso. I polpi controllano il colore della loro epidermide: chissà che i cefalopodi non intrattengano tra loro dialoghi a colori. Basta poco per concepire un sistema di comunicazione cromatico più sofisticato dei nostri semafori stradali.

Si conoscono batteri che contengono composti del ferro e vanno dove li “chiama” una calamita. Uccelli migratori si orientano percependo il campo magnetico terrestre. A priori non si può escludere che in altri mondi si siano sviluppati organi di senso magnetici o per le frequenze radio, i raggi X e gamma, magari i flussi di particelle atomiche (elettroni, muoni, protoni, neutrini).

Tatto e udito

In acustica siamo sensibili a frequenza da 20 a 8000 vibrazioni al secondo, ma certi animali emettono e/o percepiscono infrasuoni (gli elefanti, oche selvatiche, rondini) o ultrasuoni (fatti, cani, ratti, pipistrelli). Gli ippopotami confrontano i tempi di arrivo dei suoni, diversi in acqua e in aria, per localizzarne la sorgente. La vescica natatoria rende sonoro il mondo dei pesci, i cetacei comunicano a distanza con suoni finemente elaborati. Tatto e udito sono parenti senza soluzione di continuità: sempre di pressioni si tratta.

Poi c’è un ampio spettro di sensibilità basato sulla chimica. L’olfatto ha fantastiche possibilità: ogni piccola molecola potenzialmente è un messaggio specifico e i cani hanno un naso che gareggia con i migliori gascromatografi riuscendo e discriminare una singola molecola su un miliardo. Il gusto è cugino dell’olfatto, entrambi funzionano con sistemi molecolari a chiave e serratura.

Formule di Frank Drake e di Sara Seager

Questi pochi spunti, tutti “terrestri” sono sufficienti intuire quale sorprendente biodiversità potrebbe abitare l’universo. Un discorso simile vale per le possibili “intelligenze”. Marco Ferrari, che ha una tendenza a auto-commentarsi e auto-postillarsi in corso d’opera, deliberatamente non affronta questo aspetto. Nel 1961 il radioastronomo Frank Drake provò a calcolare quante civiltà intelligenti capaci di comunicare possano esistere nella nostra galassia. Ne uscì una formula, impropriamente chiamata “equazione di Drake”, che in pratica è una moltiplicazione tra tante incertezze, e la più cruciale riguarda quanto sopravviva una civiltà che raggiunga una tecnologia che le dia un potere di autodistruzione (come le armi nucleari). Ferrari preferisce la versione che Sara Seager ne ha dato nel 2013 puntando a stimare le possibilità di osservare la “firma” di una qualsiasi forma di vita nell’atmosfera del pianeta che la ospita. La cosa sarà alla nostra portata con la prossima generazione di telescopi, i giganti da 30 e 39 metri di apertura in costruzione al suolo e il “James Webb” da 6,5 metri che andrà nello spazio il 18 dicembre. Forse presto avremo la risposta che ci manca.

https://www.lastampa.it/speciale/scienza/il-cielo/2021/11/01/news/ipotesi_sugli_alieni_la_vita_che_non_ti_aspetti-368098

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